BiologiaMarina.eu

 

 

Cod Art 0384 | Rev 01 del 05 Apr 2013 | Data 15 Feb 2011 | Autore: Pierfederici Giovanni

 

   

 

>

IL SALMONE ATLANTICO

Salmo salar

Salmo salar, immagine tratta da wikipedia.

INTRODUZIONE

Il salmone Atlantico (Salmo salar, Linneo, 1758), appartiene ad un antico gruppo di Teleostei, quello dei Protoacantopterigi.
La famiglia Salmonidae comprende, oltre al s. Atlantico, anche sette specie di salmoni del Pacifico (genere Oncorhynchus), diverse specie di trote (Salmo), i salmerini (Salvelinus spp.) e i pesci del genere Hucho.
L’origine dei Salmonidi è controversa. Oggi molti studiosi ritengono la famiglia legata ad antichi progenitori simili agli Argentinida, pesci dalla bella livrea argentea; altri invece gli avvicinano agli Osmeridae, gruppo che comprende specie di piccola taglia e anadrome, anch’esse caratterizzate dalla presenza di denti sui mascellari e sui premascellari. Altri ancora, infine, ritengono che il gruppo discenda da progenitori di acqua dolce.

In Europa il gruppo dei Salmonidi non vanta molte specie, e se escludiamo i salmoni americani, che da anni si sono insediati nelle acque dell’artico russo, da descrivere rimangono le trote e i salmoni Atlantici, oltre ai salmerini prima nominati.
Rispetto ai parenti americani, i Salmonidi europei hanno una pinna anale più corta, composta da un minor numero di raggi. La pinna caudale risulta tronca e incavata solo leggermente. La bocca è ampia, e presentano denti sulle mascelle, sul vomere, sui palatini e sulla lingua. Per descrivere la livrea occorrerebbe un capitolo a parte. Tanto si è scritto e discusso sulle differenti colorazioni delle trote, e molto spesso la variabilità della colorazione, dipendente dall’ambiente ove vivono, ha generato problemi più o meno complessi ai tassonomisti.

     
  Steven nel 1948, descrisse le trote di alcuni laghi Scozzesi, che si nutrivano di crostacei, dalle caratteristiche carni rosa come quelle dei salmoni. Da allora in acquacoltura furono somministrati scarti della lavorazione dei crostacei, sia di acqua dolce, ma soprattutto marini. Poi negli anni, come molti sapranno, furono somministrati carotenoidi in pellets per ottenere il colore che piace tanto ai consumatori, con risultati più o meno di rilievo. In passato, all’estero, filetti della specie Pollachius virens (Linneo, 1758), ovvero il merluzzo nero o m. carbonaro, erano immersi in soluzioni di annato (che si ottiene dai semi della Bixa orellana), e gli stessi, così colorati, erano venduti come filetti di salmone (Salmo trutta), o di trota (Salmo trutta marmoratus, Cuvier, 1817).  
     

IL SALMONE ATLANTICO

Ciclo salmone Atlantico

Sopra, schema del ciclo vitale del salmone Atlantico, da Audun H. Rikardsen & FrØydis

Salmo salar è il salmone per antonomasia. Possiede testa subconica, non molto grande rispetto al corpo, con la bocca che raggiunge l’occhio, e che permette di distinguerlo dalla trota di mare. Gli occhi sono piccoli.
La livrea è argentea, con alcuni punti neri sul dorso e lungo la linea laterale. Il notevole sqaurcio boccale e la presenza di molti denti, fa di questo pesce e dei Salmonidi dei carnivori temibili. Il salmone ha denti sulle mascelle, sugli intermascellari, sul palatino, sulla lingua e nell’esofago. Mancano invece nel vomere (anche se non è completamente liscio, soprattutto nella porzione anteriore), e questo permette di distinguerlo dalle trote. La bocca si presenta uncinata all’apice, e forma una sorta di becco tipico degli esemplari adulti. La frega va da settembre a febbraio, e essendo la specie anadroma, gli anglosassoni distinguono i salmoni di primavera (che risalgono i corsi d’acqua da gennaio a maggio), da quelli autunnali (che risalgono i corsi d’acqua dopo l’estate).
Le popolazioni nordiche cominciano la risalita prima di quelle meridionali, per ragioni che poi analizzeremo.

Il salmone che arriva dal mare, si presenta con una bella livrea argentea, con dorso bluastro, per poi divenire rosso scuro, comprese le pinne natatorie. Le femmine diventano quasi nere. Queste ultime, di solito le più anziane, sono sempre le prime a guidare le formazioni "a triangolo" che assumono durante la faticosa risalita.
Quando raggiungono il luogo adatto alla costruzione del nido, dove sono nati molti anni prima, depongono le loro uova e perdono la livrea nuziale. Stremati, e consumato tutto il grasso di riserva per lo sviluppo delle gonadi, la carne perde di consistenza e diviene acquosa. La livrea come detto, passa da argentea a rosso scuro, i denti divengono leggermente più grandi, l’apice della bocca diviene uncinato. La pelle del dorso si ispessisce e le scaglie sembrano quasi infilate.
In questa fase gli anglosassoni chiamano il salmone maschio red fish, la femmina, che diviene nera, è chiamata black fish.
Il pesce esausto, al termine della frega è detto kelt.

Le uova dei salmoni Atlantici sono adesive e una volta deposte, non essendo galleggianti, precipitano sul fondo. Vengono quindi nascoste tra i ciotolo o la vegetazione e poi lasciate in loco. Se l'uovo è stato fecondato comincia ad assorbire acqua, poi lo strato esterno si indurisce, e successivamente comincerà il processo di sviluppo dell'embrione. Dopo un periodo dipendente dalla temperatura dell’acqua, e che va da 5 a 21 settimane, vengono alla luce i piccoli avanotti, lunghi circa 15 – 25 mm.
Durante le prime settimane, da 3 a 8, si nutriranno esclusivamente delle riserve del sacco vitellino. Esaurite le riserve, i piccoli avanotti, detti fry, cominceranno a nutrirsi da soli. Questi poi passeranno dai due ai quattro anni della loro vita nelle acque dolci.
Nella prima fase di sviluppo, che va da 1 a 8 anni, o fase giovanile, detta anche parr, somigliano alle trote fario. La seconda fase è detta smolt (i.e. smoltifly), caratterizzata dal ritorno al mare, in sincrono, di numerosi esemplari.
Tale strategia è mirata naturalmente a minimizzare il rischio di essere predati. Gli esemplari smolt sono lunghi in media dai 7 ai 30 cm., e pesano dai 10 agli 80 - 100 grammi. Nei fiumi i salmoni si nutrono di insetti e di crostacei, e solo più tardi di sanguinerole. Arrivati al mare, nella fase post-smolt, si ha la trasformazione completa. La crescita è rapida, tuttavia la biologia di questo pesce, in mare, è poco nota, e ha affascinato moltissimo gli studiosi. In questa fase si pensa che il tasso di mortalità aumenti notevolmente, a causa della predazione e della maggior difficoltà a procacciarsi il cibo.
In alcune aree dell’Atlantico, gli esemplari trascorrono in mare da 1 a 5 anni, e passano da 50 gr. a 1 – 25 Kg., per una lunghezza che va da 45 a 135 cm. Occasionalmente, sono stati catturati individui di 35 Kg.

Individui di altre popolazioni risalgono i corsi d’acqua, per poi tornare in mare, solo al terzo anno di età, quando viene chiamato grisle. Risalgono completamente i fiumi per poi fregare e tornare in mare, durante l’inverno o in primavera.

I salmoni Atlantici sono iteropari, ovvero si riproducono più volte nel corso della vita, tuttavia sembrano essere pochi i salmoni che si riproducono davvero una seconda volta, fatto evidenziabile dalle strie di riproduzione irregolari delle scaglie, poiché in acqua dolce i salmoni smettono di crescere. In ogni caso, il salmone Atlantico, non è geneticamente programmato per morire dopo la prima frega. Il fatto che sono scarsi, numericamente, gli individui che si riproducono più volte, è legato anche alla predazione, alle malattie parassitarie che si acuiscono dopo la fatica della risalita, alla fatica della risalita stessa.
Altri individui invece, tornano in mare solo dopo pochi mesi.
Esistono, infine, individui maschi nani (parr precoci), gia maturi sessualmente a 10 cm di lunghezza, e che non scendono mai al mare o ai laghi.
Vi sono anche esempi di popolazioni residenti, come quelle del fiume Namsen, in Norvegia, detti landlocked salmon. Quello delle popolazioni di salmoni che non scendono in mare sembra essere un adattamento locale, persistente, influenzato dalle condizioni ambientali di un dato corso d’acqua.

Durante il passaggio dalle acque dolci a quelle salate, non si assiste a nessun periodo di adattamento, ovvero manca il cosiddetto periodo di acclimatazione. I cambiamenti fisiologici adatti a sopportare condizioni saline diverse, avvengono durante la discesa verso il mare.
Spesso, l’attraversamento degli estuari avviene di notte, per ridurre il rischio di essere predati. In acque salate, la velocità del nuoto, aumenta. In Norvegia, la terra dei fiordi, il passaggio dai fiumi al mare è più lungo. Per percorrere un fiordo di circa 50 Km i salmoni impiegano circa 5 giorni e mezzo. In America, per fare un confronto, presso la Passamaquoddy Bay, che offre percorsi tra i 23 e i 36 km, i tempi di percorrenza vanno da 2 a 6 giorni, con punte massime di 12 giorni. In media durante la migrazione verso il mare la velocità di corciera è pari a 1.2 lunghezze del corpo, al secondo. Inoltre, nuotano a circa a 1 – 3 metri di profondità, sino ad un massimo di 6 metri. Si tratta di valori costanti, mantenuti per ragioni forse legate all’orientamento.
Quando arrivano al mare, pur disperdendosi in aree non molto grandi, divengono elusivi e poco si conosce sulle loro abitudini di vita. Non sono catturati spesso dalle imbarcazioni a strascico, con l’esclusione di alcune aree come il mar di Norvegia, quelle delle Fær Øer, la zona lungo le coste del Labrador e l’oceano Artico. Alcuni individui sono stati taggati, e sembra che la popolazione nord americana rimanga nell’Atlantico occidentale, e quella europea nell’Atlantico orientale. Alcuni esemplari del mar di Norvegia sono stati ripescati alle Fær Øer, a oltre 800 Km di distanza, a 38 – 50 giorni dopo la marcatura.

STRATEGIE RIPRODUTTIVE

Il salmone Atlantico arriva alla maturità sessuale al raggiungimento di una taglia e ad un’età che varia all’interno di una stessa popolazione. Abbiamo gia scritto dei salmoni nani che maturano quando pesano solo 10 gr., mentre gli esemplari anadromi, possono risalire i fiumi per la prima volta per riprodursi quando pesano 20 Kg.
Nel fiume Nivelle, in Francia, gli esemplari sessualmente maturi studiati, avevano un’età media di 3.2 anni, mentre l’età media dei salmoni studiati nel George River, nel Quebec, avevano un’età media di 8.8 anni. Quindi la domanda che ci poniamo è la seguente? Come mai tali differenze di taglia e di età?
A parte il fatto che il tutto sembra essere correlato alla latitudine, la domanda è stata in parte risolta grazie a studi genetici, divulgati verso la fine degli anni ’90. Si ritiene che i geni coinvolti nella riproduzione, siano espressi durante particolari condizioni ambientali. Addirittura, le popolazioni che vivono sottocosta, sono influenzate dalla portata dei fiumi. Come riferiscono Jonsson et al., 1991, questa deve essere inferiore ad almeno 40 metri cubi al secondo, il che favorirebbe la risalita di esemplari di taglia piccola. Gli studi fatti concordano sul fatto che il genotipo dei salmoni Atlantici è plastico ed influenzato dalle condizioni ambientali tipiche di una zona dove una determinata popolazione vive, e tra i Salmonidi una tale caratteristica non si riscontra in altre specie diverse da quella di cui stiamo parlando.

Inoltre, gli individui nani (parr precoci), si distinguono fenotipicamente dai maschi anadromi, non solo per la taglia, ma anche per la livrea. I maschi parr sono sessualmente criptici, non esibiscono infatti nessuna elaborata caratteristica sessuale, tipiche invece dei maschi anadromi. L’essere sessulmente criptici, pur non attirando le femmine mature, potrebbe comunque aumentare la fitness riproduttiva in quando si abbassa il rischio legato alla predazione, sia per il differente fenotipo, sia perchè la maturità sessuale è raggiunta molto prima in termini di tempo. La presenza di due fenotipi nelle popolazioni di salmone Atlantico rappresenta dal punto di vista ecologico una doppi tattica legata al raggiungimento del successo riproduttivo.
Ricordiamo che in questa specie la fecondazione è esterna, e la fitness è legata alla competizione tra le cellule spermatiche. La tattica furtiva dei maschi parr precoci, quindi, è loro di grande aiuto. Gli spermatozoi dei maschi parr sono numerosi e molto mobili, mentre il vantaggio di quelli dei maschi anadromi riguarda la loro vita media, in acqua, molto più lunga. I maschi parr, non dovendo affrontare una difficoltosa risalita, possono investire maggiormente nella produzione di numerosi gameti di qualità.

I maschi anadromi si raggruppano gerarchicamente attorno ad una femmina. Si ha così un maschio dominante e altri subordinati, che occupano posizioni satelliti altrimenti dette secondarie.
Il maschio dominante adotta comportamenti caratteristici, per esempio vibra il suo corpo quando è vicino alla femmina (quivering), la stimola e la spinge verso se stesso (nudging), salta da un lato all’altro della coda della femmina (crossing over). È probabile che la femmina deponga le uova proprio durante i comportamenti appena descritti.

DIETA

Gli avanotti, nelle primissime settimane, ovvero subito dopo l’abbandono del luogo di nascita, entrano in un periodo critico, che rappresenta la fase del loro ciclo vitale con il più alto tasso di mortalità. Non esistono stime certe, ma si ritiene che sia attorno al 50%, poiché l’habitat spesso non è, dal punto di vista trofico, in grado di sostenere le esigenze metaboliche di un gran numero di piccoli pesci.
Quelli che soppravvivono, si nutrono in genere di larve di insetti, come quelle dei Chironomidi, degli Efemerotteri e dei Plecotteri. In generale si nutrono quindi delle larve di insetti bentonici. Gli individui parr spesso predano insetti come Plecotteri, che alle alte latitudini hanno cicli vitali invernali, ovvero depongono le uova in estate e all’inizio dell’autunno per poi svilupparsi durante l’inverno sino alla primavera successiva, e popolare in gran numero il letto dei corsi d’acqua puliti e ben ossigenati. Durante questo lasso di tempo le ninfe sono attivamente predate dagli individui parr. Durante l’estate le ninfe cominciano a scarseggiare, e così cambiano le strategie trofiche, gli esemplari parr più grandi si dislocano vicino alla superficie per catturare insetti terrestri, mentre risultano svantaggiati gli esemplari di taglia più piccola.

Nei laghi Scandinavi, sono prede dei salmoni anche lo spinarello nordico Pungitius pungitius e lo spinarello comune Gasterosteus aculeatus. Molto frequenti anche fenomeni di cannibalismo.
In mare la dieta del salmone Atlantico è varia. Tra i pesci, le prede preferite sono il Mallotus villosus o capelano, predato anche dalle pulcinelle di mare e dai merluzzi. È presente tra il Circolo Polare Artico e il 40º parallelo Nord, ma è assente in Mediterraneo. Anch’essa è anadroma. Le popolazioni dell’Atlantico occidentale si nutrono anche della Ammodytes hexapterus, la lancia di sabbia, la cui distribuzione è fortemente legata alla temperatura dell’acqua, se supera i 9.9 °C si sposta in acque più fredde. Questo ha determinato dal 1975 in poi, la riduzione delle colonie delle pulcinelle di mare dislocate a Triangle Island, lungo le coste canadasi della Columbia Britannica, che si nutrono principalmente, appunto, della lancia della sabbia. Altre prede ambite del salmone Atlantico sono i crostacei Eufasidi, piccoli calamari, copepodi e pteropodi.

Il tempo speso dai salmoni per procacciarsi il cibo è dipendente da numerosi fattori, i quali nel complesso influenzano il rapporto costo/benefici. Per esempio giocano un ruolo determinante la velocità della corrente, la temperatura dell’acqua, la visibilità e quindi le condizioni meteorologiche e l’ora del giorno, il rischio legato alla cattura della potenziale preda.
Cacciare di giorno significa esporsi ai predatori che cacciano utilizzando prevalentemente la vista, in particolare gli esemplari più piccoli alternano il tempo dedicato alla caccia a quello dedicato a nascondersi, abbassando così il rischio di essere catturati. La vista del salmone Atlantico è adatta ad un ambiente luminoso e quando scende il buio viene meno la capacità di individuare la preda, e anche quando accade, spesso la distanza della stessa viene mal percepita, per cui aumentano le probabilità di insuccesso.

I dati, recenti e meno recenti, affermano infatti che i giovani tendono a cacciare meno al crepuscolo e quando si abbassa la temperatura, e con la diminuzione dell’intensità luminosa, si spostano dalla zona di corrente verso il fondo, dove cacciano animali bentonici. Queste osservazioni tuttavia sono tipiche di latitudini medio-basse, poiché nelle aree sub artiche , quando durante l’estate l’illuminazione è continua, la dieta dei salmoni non è molto differente nell’arco delle 24 ore. Ci sono studi che riportano anche le relazioni tra attività trofica e temperatura dell’acqua, ma spesso sono contrastanti e quindi sono richiesti ulteriori approfondimenti. Alcuni di questi studi riportano che l’attività notturna è maggiore quando la temperatura è ad di sotto dei 13 °C (Fraser et al. 1993, 1995).
Sembra essere importante, durante l’inverno, la presenza o meno di ghiaccio sulla superficie, che influenzerebbe molto le attività di caccia. La presenza di ghiaccio è in relazione all’attività notturna degli esemplari giovani, mentre l’assenza di ghiaccio sembra essere associata ad un’attività diurna. Tutte queste considerazioni, ricordiamolo, non sono definitive e valide per ogni ambiente, e l’uso del condizionale è d’obbligo. In generale, possiamo concludere affermando che il salmone Atlantico è un pesce opportunista, che si nutre di un ampio numero di prede, correlate al ciclo di crescita e alle condizioni ambientali.

  MIGRAZIONE ANADROMA  
  Ad un certo punto, sappiamo, il salmone Atlantico abbandona le acque dolci per migrare in mare. Tale comportamento è tipico di molti pesci delle alte latitudini, e attualmente, la teoria più accreditata per spiegare il tutto, è quella legata alla disponibilità di cibo. In sintesi, senza illustrare le ipotesi dettagliate e discusse da molti studiosi (McDowall, 1987, 1988, 1992, 1993, 1997, 2008; Northcote, 1978), la migrazione verso il mare sarebbe una risposta evolutiva dipendente dalla differenza di produttività tra ambienti di acqua dolce e marina, il che aumenterebbe la disponibilità di cibo, e quindi il tasso di crescita e la fitness della specie.
I salmoni del Pacifico, che muoiono dopo la deposizione delle uova, sono satati attentamente studiati da Hasler, che ha dimostrato che il ritorno negli esatti luoghi di origine è guidato da una sorta di mappa olfattiva, che i salmoni elaborano ed acquisiscono allo stadio parr quando scendono a valle, per raggiungere il mare. Subiscono quindi una sorta di imprinting olfattivo sia del corso d'acqua principale che di eventuali altri corsi d'acqua che incontrano durante la discesa. L'odore dell'acqua, della vegetazione e del suolo del bacino idrico di appartenenza, sono per così dire 'memorizzati' dai giovani salmoni, il che permetterà loro, da adulti, di ritornare nei luoghi natii.
 
     

FATTORI ABIOTICI E CRESCITA

Tra i fattori abiotici più importanti sin qui discussi, vi è senza dubbio quello riguardante la temperatura dell’acqua. Il tasso di crescita risulta positivo in range compresi tra 5-7 °C e 24-26 °C con il picco massimo di crescita osservabile tra i 16 e i 20 °C. Gli altri fattori abiotici che influenzano la crescita del salmone sono la composizione chimica dell’acqua, la quantità di ossigeno disciolto, la quantità di CO2 disciolta. Quest’ultima, per ragioni che non approfondiamo, sembra influenzare notevolmente il tasso di crescita dei giovani salmoni, maggiore è la sua concentrazione e minore è il tasso di crescita.
Anche l’acidificazione delle acque è importantissima. L’abbassamento del pH medio di un corso d’acqua rallenta la crescita allo stadio larvale, e soprattutto determina un aumento del tasso di mortalità delle uova. La viariazione del pH sembra esssere invece inifluente negli stadi parr. Il fotoperiodo, grazie a studi compiuti in laboratorio, ha un' influenza notevole sul tasso di crescita. Ricordiamo che nei paesi Scandinavi, la recente riduzione della copertura del manto nevoso e del ghiaccio nei corsi d’acqua, che ha reso impossibile, qualche anno fa, la guida notturna a molti automobilisti (senza neve, al buio, è difficilissimo poter vedere), ha notevolmente influenzato la crescita dei salmoni, soprattutto, come detto, allo stadio parr. Le popolazioni nordiche in particolare, sembrano essere molto sensibili alla percentuale di copertura dei ghiacci, mentre molto meno influenzabili sono le popolazioni dell’Europa meridionale.

Tasso crescita salmoni

Tasso di crescita medio del salmone Atlantico in funzione della temperatura. Fonte: Jonsson et al., 2001

STATO ATTUALE DEL SALMONE ATLANTICO

Anche per il salmone le prospettive di un futuro roseo sono davvero basse. Tra le cause principali la pesca eccessiva in mare, il degrado degli ambienti di acqua dolce, e da ultimo, i cambiamenti climatici su grande scala come la North Atlantic Oscillation (NAO), la Atlantic multi-decadal Oscillation (AMO), che hanno determinato notevoli cambiamenti della temperatura superficiale del mare (sea surface water temperature, SST), ai quali i salmonidi sono particolarmente sensibili. Infatti, soprattutto nella zona nord-ovest dell’oceano Atlantico, si è assistito ad una progressiva diminuzione della taglia e del tasso di crescita, ed a un aumento del tasso di mortalità.
Friedland (2009) ha evidenziato le correlazioni tra i fattori abiotici della rete alimentare del mare, con particolare riguardo ai salmoni Atlantici. Un minor tasso di crescita, significa avere, in una popolazione, dimensioni medie inferiori, il che significa allargare la finestra temporale legata ad un alto rischio di predazione.

DIFFERENZE TRA SALMONE SELVATICO E DI ALLEVAMENTO

Il salmone Atlantico è allevato sin dal 1969, quando da 40 corsi d'acqua della Norvegia sono stati prelevati degli esemplari da avviare appunto ad un processo di selezione e di allevamento. Nel 1971 si producevano gia 100 tonnellate di salmoni. Tuttavia alcuni esemplari, come sempre accade, sono fuggiti dalle vasche di allevamento (si calcola che sin dal 1994 ad oggi siano scappati da 250.000 a 600.000 esemplari). Le stime, per quanto inesatte possano essere, indicano comunque che il numero di esemplari 'evasi' è molto alto. Le uniche certezze riguardano gli allevamenti di Estonia e Germania, infatti da questi paesi non risultano fughe accidentali, al contrario delle isole Fær Øer e della Norvegia, dove invece le fughe sono frequenti. Maggiori informazioni su questo argomento si trovano al sito www.nobanis.org/search.asp.
Una volta in natura, una percentuale di esemplari allevati si incrocia con quelli selvaggi, dando vita ad ibridi fertili difficili da identificare. Alcuni ritengono che lo scambio genico tra esemplari allevati (geneticamente deboli) e quelli selvaggi, possa portare ad un indebolimento generale delle popolazioni naturali. Studi recenti hanno evidenziato che gli ibridi o esemplari derivati da incroci tra ibridi e wild type, hanno smesso di risalire i fiumi, e spesso permangono in prossimità delle vasche di acquacoltura tutto l'anno, perdendo così le caratteistiche etologiche tipiche della specie selvatica.

Differenze tra wild e ibrido

Differenze tra wild e ibrido

Sopra, due immagini tratte da 'Invasive Alien Species Fact Sheet – Salmo salar. – From: Online Database of the North European and Baltic Network on Invasive Alien Species. Photo by Roar A. Lund', che evidenziano le differenti morfologie tra esemlari wild type (a sinistra) e di allevamento (a destra).

BIBLIOGRAFIA

ARTICOLI CORRELATI